CRITICA a cura di Olga di Comite: Finalmente, dopo anni, si ritrova la fresca vena, tra divertita e surreale, di Pappi Corsicato. Tra qualche insuccesso e qualche silenzio di troppo, quasi ci eravamo dimenticati di questo regista che alla sua prima uscita fu salutato come una specie di Almodovar italico. Perciò, bentornato, che di cineasti dotati di fantasia, spontaneità e talento si avverte proprio il bisogno.
Il Seme della discordia è giocato su due elementi principali. Il primo, la bellezza esteriore e interiore della donna, vista nella sua versione mediterranea. Il secondo, la sua natura sensuale e sessuale con i suoi strani e imprevedibili percorsi. Il tutto descritto da un occhio giocoso, senza morbosità, con una punta di amarezza ironica, mai pesante o sentenziosa.
Lo spunto alla narrazione è dato dalla coppia Murino - Gassman, che nella finzione è quella abbastanza consueta di una moglie e marito alquanto lontani e insoddisfatti, finché lei non arriva a sapere di essere incinta nello stesso giorno in cui lui apprende di essere sterile. In realtà, entrambi hanno qualche piccolo segreto da nascondere all’altro, entrambi sono abbastanza intelligenti e spregiudicati da non fare un dramma di ciò che non lo è, entrambi scelgono la vita e l’amore invece delle lacerazioni e degli odi.
Entrambi lo fanno con leggerezza, ma non è detto che non soffrano, solo non lo fanno pesare. In una società che ha già tanti motivi per riconoscersi laida, brutale e spesso senza speranza, Corsicato sceglie la bellezza muliebre, la sua morbidezza, la sua saggezza antica e la inquadra in una Napoli moderna e ordinata, la cui vita si svolge tra i grattacieli di un nuovo quartiere cittadino, un po’ kitsch un po’ rock, con una fotografia nitida quasi iperreale, sottolineata da colori caldi di tipo orientale.
La storia si ispira alla lontana alla Marchesa Von O. di Kleist, ma nella scelta di donne voluttuose e curvilinee, quasi da fumetto, di uomini imbelli e un po’ vigliacchi, di citazioni sparse a piene mani, nell’irriverenza quasi infantile, si rispecchia tutta la vena napoletana, non tradizionale ma personalissima, di Pappi Corsicato.
Tra gli attori non è felicissima la scelta di Alessandro Gassman.
Bravissima la Ferrari. Di fascino indiscutibile la Murino, statuaria e sensualissima, una specie di divinità greca calata tra i vetri e l’acciaio di una moderna periferia. Personalmente mi auguro di non dover aspettare altri quindici anni per rivedere un buon lavoro dell’autore. Olga di Comite
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