CINEMOVIE.INFO - il Cineportale del Cinema moderno

Recensioni
Recensioni
Box Office
Box Office
Notiziario Notiziario
Trailers Trailers
Celebritą Celebrità
Frasi Celebri Frasi Celebri
Cine Specials Cine Specials
CINEMOVIE.INFO


 

 
 
 

RECENSIONE FILM LOST IN TRANSLATION L'AMORE TRADOTTO

Lost in translationANNO: U.S.A. 2003

GENERE: Drammatico

REGIA: Sofia Coppola

CAST: Bill Murray, Giovanni Ribisi, Scarlett Johansson, Anna Faris, Fumihiro Hayashi, Yutaka Tadokoro.

DURATA: 105 '

TRAMA: Bob Harris (Bill Murray) è una star di Hollywood la cui carriera sta attraversando una triste parabola discendente, recatosi a Tokyo per girare uno squallido spot pubblicitario. L'insonnia, una cultura così estranea e la lontananza dalla famiglia ancor più distaccata del solito lo rinchiudono nella solitudine della sua camera d'albergo. In Giappone Bob incontrerà Charlotte (Scarlett Johansson), una giovane ventenne appena sposata, spaesata, incerta e confusa sulle sue scelte e sul suo futuro accanto ad un marito fotografo che la relega in lunghe giornate di attese solitarie. In una terra così lontana e diversa, i due avranno modo di conoscersi, apprezzarsi e aiutarsi reciprocamente condividendo alcune gradevoli giornate insieme...

CRITICA a cura di Gianni Merlin: L'Amore tradotto, ennesima squallida traduzione italiana di un film straniero che niente ha a che fare con l’originale (quando mai finirà questo strazio!) ripropone la figliol prodiga Sofia Coppola dopo l'interlocutorio "Virgin suicides" alla ribalta del pubblico internazionale, dimostrandone alla buon'ora ancora l'acerba impostazione autoriale, una evidente supponenza giovanile ma sicuramente sprazzi di idee di buon cinema. Il punto è che non si riesce ad essere inclementi con questa coppia di americani persi a Tokyo, alle prese in sostanza con sé stessi e con le proprie angosce; la Coppola ci mette molto del suo, esordendo con i primi 20 minuti inquinati da una serie forse mai così concentrata di luoghi comuni sui poveri giapponesi, un po’ troppo scontati anche per lo spettatore più distante dal mondo orientale, le immagini della capitale nippo spesso sono quelle più volte straviste nei vari circuiti massmediatici e le contrapposizioni linguistiche fra americani e indigeni sembrano veramente non tener conto di qualsivoglia evoluzione del sapere collettivo. Nonostante tutto questo, nonostante la presenza di presenze macchiettistiche al limite del ridicolo come il marito della paffutella Charlotte, troppo americano-dal-cervello-vuoto per essere credibile, il film da un certo momento vira, cambia rotta e diventa più privato, si lascia alle spalle tutto lo squallore del contorno fin qui descritto, la regia si rifugia nelle camere di Bob e Charlotte riprendendoli quando si contorcono sul letto non riuscendo a dormire, nelle varie sale dell’hotel dove soggiornano, affetti da quel mal di vivere così simile per entrambi. Lo sguardo della giovane cineasta americana si fa quindi più personale, grezzamente indagatore e minimale, quasi underground per certi versi come a rivelare una predilezione per tutto quello che si può considerare cinematograficamente "low-fi". Inoltre, il comune stato depressivo che attanaglia Bob-Bill Murray e Charlotte-Scarlet Johansson è reso dalla Coppola con dialoghi sorprendentemente calzanti, mai banali anche se a primo acchitto sopra le righe, come astratti ma allo stesso tempo profondi, che lasciano intuire più che spiegare. Il tutto viene facilitato dall'evidente vitalità del rapporto fra i due personaggi, che interagiscono alla grande dando un tono di leggerezza e tenerezza a tutto il film; nei loro sguardi, nei loro silenzi, quando cantano, quando bevono seduti al bar e soprattutto nel dialogo finale a letto, ecco in questo pugno di immagini stanno le cose più pregevoli di un film che alla fine comunque riesce a coinvolgere. E poi come non gioire per l’apparizione sul grande schermo del buon Bill Murray? Dove fosse finito non è dato sapere, ma la sua faccia, come si dice in questi casi vale il prezzo del biglietto, e quando canta "More than this" di Brian Ferry si vorrebbe che il film si fermasse lì, nella contemplazione di questo americano stordito e ubriaco alle prese con i propri tormenti. Gianni Merlin
VOTO: 7

CRITICA a cura di Roberto Donati: Spaesato a Tokyo, città di cui non comprende né la lingua né le tradizioni culturali, l'attore americano di pubblicità Bob Harris, in rotta con la moglie, conosce la connazionale Charlotte, moglie insoddisfatta di un brillante fotografo molto più giovane di lui che risiede nello stesso albergo. Non sarà attrazione fatale, ma affinità elettiva e corrispondenza di sguardi. Al secondo film, la Coppola (prodotta dalla Zoetrope del padre) attinge alle sue esperienze autobiografiche (da giovane visse a Tokyo per molto tempo) e dimostra ancora la sua grande sensibilità umana e registica nel tratteggiare le psicologie di personaggi soli, disperati, fragili (soffrono pure di insonnia) eppure vitali e calorosi: un minimalismo d'avanguardia per come gioca abilmente con i toni surreali e per come presenta una metropoli cupa e luminescente allo stesso tempo, in ogni caso annichilente. Con niente, costruisce trame e suggestioni (si veda la ripresa dall'alto di Bob e Charlotte distesi sul letto, in cui si muove nervosamente soltanto la mano di lui ad accarezzare il piede di lei) e ha lo spessore di fare impennare improvvisamente il suo cinema: se lo stile può apparire ancora insicuro (le numerose riprese a mano danno questa impressione), irrisolto (decisamente migliori i passaggi malinconici rispetto a quelli prettamente comici o ironici) o imperfetto (lo sguardo su Tokyo non è sempre puntuale, ma sono davvero peli sull'uovo: la rappresentazione del vacuo lusso del turista in hotel – ascensori, piscina e loft – è infatti più che meritevole), le intense emozioni che procura fanno dimenticare ogni cosa e il coinvolgimento è elevatissimo, soprattutto nella seconda parte culminante in un finale agrodolce di cristallina purezza. Merito anche dei due protagonisti (Murray è una faccia tragicomica degna della migliore tradizione mimica, la Johansson ha una carnalità altamente spirituale), assolutamente straordinari e diretti alla perfezione. Appropriata la colonna sonora; il senso del bellissimo titolo originale si perde, appunto, nella scialba (ma poteva andare anche peggio) traduzione italiana. Roberto Donati
VOTO:

CRITICA a cura di Gloria Pasetto: Prima c’è Bob, poi Charlotte, in mezzo il Giappone. Bob Harris è un noto attore americano. E' più alto di mezzo metro di qualsiasi abitante della terra del Sol Levante. Ogni cosa gli va stretta, accappatoi, ciabatte, doccia tutto calibrato su parametri non suoi. Eppure i problemi sono quelli di sempre: insonnia, una punta di alcolismo e una moglie molto organizzata che lo perseguita via fax. Bob non fa più i film come negli Anni Settanta, ora fa la pubblicità dall'altra parte del mondo e la crisi di mezza età è in agguato.
Qualche stanza più in là, nello stesso lussuoso hotel appeso sopra il cielo di Tokyo, anche Charlotte non dorme. Lei è americana come Bob, ha poco più di vent'anni, è confusa e non sa di preciso chi ha sposato. Passa le sue giornate in mutande, davanti alla finestra ad aspettare che il marito finisca di fotografare l'ennesima pop star anoressica. Niente di quella terra riesce a emozionarla davvero, contro la noia neanche l'ikebana può nulla.
Sono due sguardi sulla città che si incrociano, sono due solitudini che si incontrano in un luogo sospeso, bicchieri che si vuotano in bar sopra Tokyo, sorrisi da ascensore, complicità da karaoke. Sono Bob e Charlotte che condividono il loro personale Giappone, fatto di party, cucina fai da te, appuntamenti televisivi, sakè e piscine vuote.
Un Giappone inafferrabile sembra nascondersi qui, dietro i finestrini delle auto, dietro i vetri spessi degli hotel, dietro le luci abbaglianti del centro, una città che si perde nel mare della traduzione come un messaggio nella bottiglia.
Sono i luoghi di una terra affascinate quanto incomprensibile, sono vicinanze che non trovano parole, questo è lo sguardo raffinato che Sofia Coppola getta sul Giappone di oggi, uno sguardo quanto mai personale e significativo, sempre sospeso tra estrema malinconia e delicatezza.
Ottimi gli attori, Bill Murray e Scarlett Johansson hanno dato il meglio in ruoli che sembrano ritagliati su misura per loro. Coppia improbabile per un film che, senza eccedere mai, arriva in profondità e non lascia indifferenti. Gloria Pasetto
VOTO:

Disclaimer | © 2001-2007 CINEMOVIE.INFO | Web Design: © 2007 MARCLAUDE