CRITICA a cura di Roberto Matteucci: Séraphine de Senlis è una pittrice francese naif antecedente alla seconda guerra mondiale. Wilhelm Uhde è un famoso e ricco collezionista tedesco residente in Francia. E’ stimato perché ha già acquistato dei Picasso e dei Braque. Inoltre, ha contribuito ad accrescere la fama di un altro pittore naif del tempo: Henri Rousseau.
L’arte primitiva, insieme con altre forme radicali, contribuì a spezzare la consuetudine ed il conformismo pittorico del tempo. Gli stili più classici ed i loro artisti avevano delle roccaforti inespugnabili, impedendo un ricambio generazionale ed un miglioramento delle espressioni. Rompere queste prese di posizione non era facile. La rivoluzione dell’arte primitiva stava nell’affermazione dell’inutilità degli studi artistici, meramente formali e conservatori. Non è necessario essere colti intellettuali per poter essere dei grandi pittori. Questo all’epoca era un sovvertimento non accettabile.
Séraphine narra della vita della pittrice. Siamo nel 1941 con i tedeschi pronti all’invasione della Francia. Séraphine è orfana, cresciuta in un convento di suore. Quando deve abbandonarlo inizia a lavorare svolgendo umili compiti come lavandaia e serva. Lavora intensamente per guadagnare dei soldi, i quali sono usati unicamente per la sua passione: la pittura.
Séraphine racconta: quando era nel convento di suore un giorno le appare l’angelo custode, le rivela il suo motivo di vivere, la pittura. Da qui nasce il suo piacere nel dipingere. E per Séraphine la pittura ha veramente un fine. Quello di sentirsi in pace con se stessa e con Dio. Non ha altre finalità. Non si pone neppure la parte meretrice dell’arte. Non aspira a diventare famosa, desidera solo il Paradiso. Per questo durante la pittura canta – prevalentemente inni religiosi. Dipingere è per lei una preghiera.
Questa sua spiritualità è interrotta proprio con l’arrivo di Uhde a Senlis dove Séraphine vive. I due personaggi cominciano a confrontarsi, a sfidarsi, a discutere. Sullo schermo si pongono sempre in modo inconciliabile. Séraphine è sempre curva o in posizione inferiore di fronte al critico. Non è una scelta causale ma il vero motore del film. Il contrasto è reale.
Il collezionista contribuirà a distruggere la sua persona, mostrando la parte peggiore dell’arte: la creazione del culto della personalità dell’artista al solo scopo di guadagnare denaro. Séraphine è inconsapevole. Prima non vuole credere: “I ricchi sono sempre entusiasti”, poi cede e finisce per essere travolta e schiacciata da qualcosa più grande di lei.
Morirà in un manicomio, tradita da un Uhde incapace per la crisi economica a far fronte alla sua pazzia. Roberto Matteucci
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