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RECENSIONE FILM THE SOCIAL NETWORK

THE SOCIAL NETWORKCRITICA a cura di Nicole Braida: È il 2004 quando Mark Zuckerberg viene lasciato dalla ragazza e, forse anche per questo, torna al suo alloggio di Harvard per aggiornare con qualche cattiveria il suo blog e inventarsi, mentre si scola la sua birra, ciò che sarà poi il principio di uno dei fenomeni più importanti del XXI secolo: Facebook.

The Social Network, diretto da David Fincher e sceneggiato da Aaron Sorkin, promette di essere uno dei film più attesi dell’anno.
Sulla locandina leggiamo “non si arriva a 500 milioni di amici senza farsi qualche nemico”, ed è questo il nucleo centrale della storia sulla nascita di Facebook, il social network che per numero di iscritti rappresenta la terza nazione al mondo.

Jesse Eisenberg, che è un attore ventisettenne incarna il ruolo di Zuckerberg, interpretandolo in maniera efficace. Lo vediamo sguazzare di corsa nella neve, alle prese con le sue mille velocissime idee che gli vorticano in testa, indossando calzoncini e ciabatte con tanto di calzino bianco.

L’inizio della sua storia è anche il principio dei suoi problemi “legali”. Prima con le autorità di sicurezza dell’università, poi con i colleghi di Harvard che lo accusano di aver rubato loro l’idea. Eisenberg non sembra mai lucido o in contatto con la realtà, rappresenta un Mark Zuckerberg proprio come un vero nerd, quello che alle feste se ne sta in disparte o magari non ci entra, perché non sopporta un video delle cascate del Niagara ad una festa caraibica: illogico.

La logica è ciò che Mark comprende al meglio, il suo cruccio invece è non riuscire ad avere una vita sociale, e la sua condanna è quella di non capire gli altri, tantomeno i loro sentimenti. Insomma un ragazzo che di amico ne ha solo uno e forse non l’ha mai capito, perché finisce per tradirlo e doverlo ripagare.

Fincher alla regia lascia un po’ in disparte i suoi prodigi (solo una scena, quella di una gara di canottaggio, ci fa vedere le sue prodezze), però si lascia trasportare dalla sceneggiatura, scritta magnificamente da Sorkin, che caratterizza alla perfezione ogni personaggio, protagonista e non.

Jesse Eisenberg ha raccontato in conferenza stampa, subito dopo la presentazione del film al Festival del Cinema di Roma, quanto il regista sia stato maniacale nella ricerca della perfezione. Scene che gli attori hanno dovuto ripetere quasi ottanta volte per riuscire a mostrare più naturalezza possibile.

The Social Network è la nascita controversa di quell’idea che ormai è diventata una realtà sociale, la trasformazione del nostro modo di relazionarci. Una semplice idea nata quasi per caso che ha reso Zuckerberg il più giovane miliardario al mondo, ma forse non ha cambiato la sua incapacità a rapportarsi con gli altri e che rimarrà per noi il nostro antieroe nerd. Nicole Braida
VOTO:

 

CRITICA a cura di Roberto Matteucci: Si racconta che Mark Zuckerberg abbia detto del film di David Fincher: “...è tutto sbagliato, di mio c’è solo il guardaroba”, che già sarebbe molto in questi poveri tempi. Come gli risponderebbe allora il “personaggio Mark Zuckerberg”? Ovviamente con un sonoro chi se ne frega. Perché il film è bello e a nessuno potrebbe interessare cosa è effettivamente il vero.

La trama è nota. Riguarda l’invenzione di un fenomeno associativo unico e mondiale. La fondazione di una piazza collettiva, comprendente tutta la popolazione mondiale. Siamo nel 2003 nell’università di Harvard. Mark non ha ancora compiuto vent’anni ma è un genio nello studio. Solo nello studio, perché è un nerd, bruttino ed incapace di avere relazioni umane. In quel periodo gli nasce l’idea e soprattutto la capacità tecnica ed organizzativa di inventare quel fenomeno sociale e psicologico di Facebook. Il film parte dalla narrazione delle due cause legali contro Zuckerberg intentategli dai gemelli Cameron e Tyler Winklevoss e dal coofondatore di Facebook Eduardo Saverin. I primi sostenevano la primogenitura dell’idea; il secondo per essere stato ingannevolmente collocato fuori dalla società dopo aver contribuito alla sua costituzione.

Il linguaggio base del film sono però i flashback degli accadimenti al tempo della fondazione di questa fantasmagorica avventura; i quali si intrecciano con i confronti dei vari protagonisti durante le cause di risarcimento. Il film inizia con la battuta rivolta dalla sua ragazza a Mark, la quale sintetizza tutto il film: “Perché sei un grande strxxxo”. Ed, infatti, è vero Mark è un gran strxxxo e non lo nasconde neppure.

Solitamente i ricchi sono invisi perché hanno soldi, donne, successo e potere. Mark invece è compatito. Nessuno vorrebbe essere come lui nonostante il denaro. Ha il massimo dell’intelligenza ma è insopportabile, menefreghista, privo di valori, arrogante e pieno di sé. Su questo carattere forte e sgradevole il film gira intorno. Non è un film psicologico perché in realtà di lui - da dove viene, della sua famiglia - non sappiamo nulla. Mark è così: antipatico, sprezzante nei confronti degli altri. Una sola persona gli è sinceramente amico: Eduardo Saverin. Tuttavia non esiterà ad accantonarlo, infamarlo e tagliarlo fuori dalla società. Eppure è intelligentissimo.

Il film di Fincher è un circolo di idee e di pensieri. Costruito come un fluire di immagini circolari; partono da un punto e ritornano allo stesso punto di partenza. Mark è un duale, compie i suoi atti vivendo in un suo mondo con un solo abitante: lui. Non c’è spazio per nessun altro. Eppure è un semplice, non è avido non è malvagio, è solo una persona "diversa". Non è un "normale", così è fatto e così c’è lo dobbiamo tenere.

David Fincher ci riporta sullo schermo delle figure forti e cattive come in Fight Club. Il cinema di Fincher è contemporaneamente interiorità e fisicità dei personaggi. Il bravissimo Jesse Eisenberg è un Mark Zuckerberg lecitamente sopra le righe. La sua postura, i suoi movimenti nervosi, suoi sguardi di sufficienza creano disagio ma soprattutto un protagonista unico.

"In internet non si scrive con la matita, si scrive con l’inchiostro". Per questo Mark Zuckerberg rimarrà nella storia. Ora ha 26 anni ed è oscenamente ricco; ciò che ha generato è scritto indelebilmente con l’inchiostro nella storia sociale di questi anni. Roberto Matteucci
VOTO:

 

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