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RECENSIONE FILM AGATA E LA TEMPESTA

AGATA E LA TEMPESTAANNO: Italia 2003

GENERE: Romantico

REGIA: Silvio Soldini

CAST: Licia Maglietta, Giuseppe Battiston, Emilio Solfrizzi, Claudio Santamaria, Marina Massironi, Remo Remotti, Giselda Volodi, Monica Nappo, Ann Eleonora Jorgensen, Mauro Marino, Silvana Bosi, Carla Astolfi, Andrea Gussoni, Fausto Russo Alesi, Pippo Santonastaso.

DURATA: 120 '

TRAMA: Una donna che si chiamava Agata (Licia Maglietta), che era convinta di avere un fratello, che amava i libri e faceva la libraia, che si era innamorata di un ragazzo più giovane, sempre più fulminava lampadine al suo passaggio e non sapeva il perchè...quando si accorse che qualcosa stava cambiando. Un uomo che si chiamava Gustavo (Emilio Solfrizzi), che credeva di avere una sorella di nome Agata, di aver ereditato il mestiere del padre e il nome del nonno, che con sua moglie e suo figlio si sentiva al riparo dalle intemperire...un bel giorno scoprì che quell'uomo non era lui. Un altro uomo di nome Romeo (Giuseppe Battiston), che viaggiava per la pianura con un macchinone pieno di vestiti, che pensava a sua moglie come al fiore più bello ma si posava come un grosso calabrone su tanti altri fiori, credeva di non avere fratelli né sorelle ma si sbagliava...non sapeva che il suo mondo era più grande di quello che pensava. E a cantare assieme a loro l'allegra, dolorosa, imprevedibile canzone della vita, un coro di personaggi vibranti e bizzarri i cui destini si intrecciano in una storia d'altri tempi che potrebbe avvenire solo oggi...o forse anche domani.

CRITICA a cura di Olga di Comite: La tempesta del caso incontra e modifica le vite di tutti i protagonisti, quasi condotti per mano dalla placida e insieme elettrica Agata, solare e malinconica, bella e un po' sciupata, in una parola, vera. Ma nel contempo tutto è surreale, con un tono e una sfumatura in più nei colori, negli intrecci, nelle luci. Soldini, che sperimenta con coraggio linguaggi e storie diverse, questa volta ha voluto coniugare la buona commedia italiana, e non italiota, con un grottesco un po' sopra le righe alla Pedro Almodovar. Questo ultimo aleggia, nelle scenografie, nei visi di alcuni personaggi (vedi Maria Libera), nel genere di cui è stato indiscusso iniziatore, nella struttura corale e a volte confusa del film. La narrazione è mobile, fatta di sottostorie con tanti segmenti che si aggiungono via via. I luoghi hanno anche un valore simbolico: la città irta e un po' disordinata, Genova, duetta e s'alterna con un delta padano favolistico, dalle parti di Goro; gli attori si muovono entrando in nuove situazioni, creando "famiglie" affettive non istituzionali in un cerchio perlopiù leggero che si allarga con naturalezza. Francamente l'ho trovato intelligente e divertente, ma non nitido e compatto come "Le Acrobate" o "Pane e Tulipani". Probabilmente la sceneggiatura a tre mani ha portato a una certa dispersione, anche se, per altro verso, risulta arricchito il lavoro che si forma per accumulazione di idee. C'è poi di gradevole, in quanto non erudito, il costante richiamo alla letteratura. Si potrebbe dire infatti che il libro è anch'esso un protagonista, in quanto a partire dal lavoro di Agata, che gestisce una libreria, le storie letterarie servono ad allacciare ulteriori rimandi e relazioni tra i personaggi. E vediamoli un po' più da vicino questi personaggi. In primo luogo Agata (la godibilissima Licia Maglietta), libraia innamorata che fulmina lampade e fanali con la sua energia amorosa, parlando spesso con la voce delle sue letture. Lettore indefesso è anche Nico (Claudio Santamaria), il suo giovane amante maliziosamente interrogato sui libri che lei gli sceglie. C'è poi Gustavo (Emilio Solfrizzi), architetto fratello di Agata, con una moglie psicologa modaiola e un po' isterica (Marina Massironi), il quale scopre di essere cresciuto in realtà in una famiglia adottiva. Questa rivelazione, che gli cambierà la vita, nasce dall'incontro con il fratellastro Romeo (Giuseppe Battiston), un romagnolo rappresentante di mestiere e cultore di una moda colorita e chiassosa. Il vitale giovanotto ha una moglie paralizzata che adora ma che tradisce in ogni situazione favorevole. Da questo "spostamento" di rapporti familiari nascono i successivi sviluppi del racconto con la ricostituzione di una famiglia sui generis, perché Romeo si sente subito fratello anche di Agata ed Agata non smette di giocare il ruolo di sorella maggiore con Gustavo. Via via che procede, la narrazione acquista colori diversi: si va dal feuilleton al melodramma dei primi film in bianco e nero, dalla citazione letteraria alla magia del quotidiano e in parallelo da raffinate fotografie d'ambiente al cromatismo allucinato dei vestiti, degli arredi della casa di Romeo. In complesso qualche discontinuità, momenti di stanchezza narrativa nella seconda parte non riescono ad annullare quel senso di giocosa creatività che il film comunica. Circola in esso una leggerezza che lo fa amare con una adesione immediata, anche se non acritica. Certo, al risultato giova l'affiatamento e la resa degli attori, tutti giusti pur in parti minori. Rimane il fatto che centro di questo piccolo universo è Agata-Licia, saggia, disinvolta e scoppiettante nel gestire la tempesta. Olga di Comite
VOTO:

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