CRITICA a cura di Olga di Comite: Solo un regista di classe, irriverente nonché amaro e tagliente come Polanski poteva ancora una volta propinare al suo pubblico, senza annoiarlo, ma tenendolo attento fino alla conclusione, un’analisi delle falsità, moralismi e abissi psicologici che si nascondono in un salotto borghese.
Ciò è stato possibile per merito di Polanski e dei suoi sapienti movimenti di macchina nello spazio di una stanza, scomposto pezzo per pezzo in inquadrature che vanno dal classico al trasgressivo. Altro contributo determinante hanno dato i quattro big protagonisti e la scelta di alleggerire l’assunto teorico con toni e momenti ironico-divertenti.
Con un occhio al suo grande maestro Hitchock (La finestra sul cortile, Nodo alla gola), ma anche ad altri film “teatrali” che vedono scontri di coppie in unico luogo (Chi ha paura di Virginia Woolf?, per citarne uno solo), l’autore polacco inquieta per la credibilità dei sentimenti messi allo scoperto e il ritmo narrativo. A sostenere l’analisi, una carica di battute al vetriolo, grazie alla sceneggiatura tratta dall’opera teatrale di Yasmina Reza, adatta alle caratteristiche di Polanski e al suo modo di sentire.
Il racconto muove da un blando inizio dialogico tra due coppie che si incontrano in un appartamento situato a Brooklin (in realtà il film è stato girato a Parigi, altro vezzo alla Hitchcock). I quattro protagonisti si incontrano per discutere di un litigio avvenuto tra i due figli undicenni; nella rissa il figlio della coppia ospitante è rimasto lievemente ferito e gli altri genitori vogliono scusarsi e fare riappacificare gli adolescenti. Ma a poco a poco gli adulti della situazione alzano i toni in uno scontro che arriva quasi a quello fisico, con in mezzo tanto di nausea con vomito che segna il punto di non ritorno dell’involversi della situazione.
Il ritmo accelera e si frammenta sottolineando prima la rottura dell’unità di scambio tra persone gentili e civili; poi viene meno anche l’equilibrio all’interno delle singole coppie. Ognuno tira fuori insoddisfazioni, miserie, rimpianti, frustrazioni in un crescendo dialettico dove il personaggio di Jodie Foster gioca il ruolo dell’istigatrice e quello di Christoph Waltz del commentatore freddo e velenoso.
Al di sotto delle maschere iniziali e delle momentanee alleanze di genere, emerge il volto vero dei protagonisti, cinici, corrotti e senza speranza di redenzione. Sicchè alla fine sarà vincente (ultime inquadrature) la riappacificazione autonoma dei due ragazzini, ma soprattutto il musetto vibratile e furbo del criceto su cui il racconto si apre e si chiude. Ma perché mai un criceto? Questo scopritelo da soli. Olga di Comite
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