ANNO:
U.S.A. 2002
GENERE:
Drammatico
REGIA:
Sam Mendes
CAST:
Tom Hanks, Paul Newman,
Jude Law, Jennifer Jason Leigh, Tyler
Hoechlin, Daniel Craig, Stanley Tucci, Kevin Chamberlain,
Dylan Baker, Ciaran Hinds, Liam Aiken, James Currie,
Gene Janson, Martin Murphy.
DURATA:
117 '
TRAMA:
Illinois 1931. Michael Sullivan (Tom Hanks), conosciuto
da amici e nemici come l'"Angelo della Morte",
gangster alle dipendenze del boss John Rooney (Paul
Newman), coinvolto profondamente nel suo lavoro, è
un uomo molto dedito alla famiglia e agli affetti. Quando
i suoi due mondi entrano in collisione ed è costretto
ad assistere alla morte della moglie e del figlio più
piccolo, O'Sullivan ed il figlio superstite, Michael
jr., abbandonano la loro pacifica vita familiare e si
imbarcano in un sanguinoso cammino di vendetta...
GIUDIZIO:
Mendes torna dietro la macchina da presa tre anni dopo
il successo di "American Beauty" e ci regala
un’altra grande performance. Il titolo originale Road to Perdition, ingiustamente volgarizzato
in Era mio padre per l’edizione
italiana riprendendo il monologo del figlio di Sullivan
alla fine del film, basta da solo a sintetizzare l’essenza
della pellicola che si concretizza nella fuga di padre
e figlio che avranno cosi’ la possibilità
di conoscersi approfonditamente e cominciare una nuova
vita chiudendo con un passato doloroso macchiato di
sangue, ma sarà il passato alla fine a non chiudere
con il malcapitato Sullivan. Si riscontra una pecca
visionando il film, consistente nel ritmo eccessivamente
blando nella prima parte della storia, anche se potrebbe
essere stato volutamente rallentato dal regista al fine
di rendere meglio l’idea della vita "soffocata"
di Sullivan, racchiusa nella sfera del boss John Rooney
verso il quale a più riprese dimostra di provare
una profonda sudditanza ubbidendo puntualmente agli
ordini ricevuti. Tom Hanks offre soprattutto nella seconda
parte del film, quella della fuga e della riscoperta
del suo primogenito, una sublime e profonda interpretazione,
a tratti commovente, mescolando abilmente il dolore
lancinante per la perdita della sua famiglia all’incalzante
e dirompente desiderio di vendetta, mentre nella prima
parte le sue espressioni appaiono un po’ troppo
monocorde. Paul Newman, di cui in molti avevano tessuto
le lodi parlando della sua interpretazione come di quella
della sua rinascita cinematografica, delude parzialmente
in quanto non abbastanza incisivo per rappresentare
un personaggio duro come un boss mafioso: la sua figura
smilza e sorridente ricorda più quella di un
nonno affettuoso piuttosto che quella di un uomo spietato
e calcolatore. Apprezzabile anche la performance di
Jude Law, abile nel rendere la follia del reporter assassino,
capace con le sue foto di omicidi appese in casa e la
sua "freddezza" sul lavoro di turbare i sogni
di Sullivan e degli spettatori più sensibili. Road to Perdition si aggiudica meritevolmente
l’Oscar per la fotografia, davvero eccezionale,
ad esempio nella scena in cui l’auto di Sullivan
entra nella città di Chicago che pare sovrastarla
e ingoiarla. Da questo film emerge la maestria di Mendes
in cabina di regia, a tal senso ricordiamo la scena
in cui Sullivan uccide Rooney e tutti i suoi scagnozzi
muovendosi sotto la pioggia, con il fucile fumante tra
le mani, il volto celato dall’oscurità
indeciso e dubbioso: alla fine accetterà il compromesso,
uccidere Rooney, il suo passato, per placare il dolore
della morte della moglie e del suo figlio minore che
non gli da pace giorno e notte. Nel complesso si tratta
di un film molto ben realizzato nei confronti del quale
ci riserbiamo di muovere un’ultima critica dovuta
all’eccessiva superficialità con la quale
sono stati affrontati alcuni punti della storia, data
anche la non eccessiva durata della pellicola, che invece
avrebbero richiesto un maggiore sviluppo. La seconda
opera di Mendes conferma quanto di buono lo stesso aveva
mostrato con il cinque volte premio Oscar "American
Beauty" realizzando un film imperdibile che riscopre
un genere di cui "Il Padrino" di Coppola e’
il leggitimo capostipite, e la cui visione riteniamo
obbligatoria. Matteo Castelli
VOTO:
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