CRITICA a cura di Olga di Comite: Sulle prime il soggetto sembra banale, ma via via che la narrazione procede e il personaggio donna al centro dei fatti si precisa e si mette in relazione con l’elemento maschile, la protagonista acquista significato ed, evolvendosi, si arricchisce di sfumature. L’occhio vigile di Ozon la segue mentre, con apparente distacco, si rende soggetto della sua vita, senza pregiudizi o parametri collaudati. Questo avviene già dopo le prime battute del film, da quando cioè a causa di un overdose si trova ad essere privata dell’uomo che amava, vicina a seguirne la stessa sorte anche lei e con un bimbo in pancia. In quel momento la giovane, da sola, decide che, contrariamente al suo uomo, incapace di assumersi responsabilità di adulto, lei dovrà portare a termine la gravidanza per salvare e stessa e il ricordo dell’amato.
Si rifugia così in un paesino della costa basca e, non priva di problemi interiori, con determinazione difende quella scelta fino al suo compimento. Nella casetta tra campagna e mare la raggiunge, quando è ancora al quinto mese dell’attesa, il fratello del suo ragazzo. Paul, così si chiama, ha una dolce voglia di “invaderle” la vita per indurla a mettersi in una situazione di condivisione e di dialogo con altro da lei.
Sulle prime Mousse fa resistenza allo strano giovane, gay e sensibile, che gioca il doppio ruolo di ricercare se stesso e di fare ridefinire sentimenti e identità alla donna. Nasce col passare dei giorni uno scambio, una schermaglia con qualche punta sottile di eroticità, con qualche asprezza, ma anche improntata a fluidità e intesa tra due personalità che si vanno conoscendo senza lasciarsi imprigionare da luoghi comuni. Entrambi hanno vissuti difficili da cui ripartire.
Con pazienza e a piccole tappe (sottolineate dal viso espressivo e sensuale di Isabelle Carré nei primissimi piani), i due fanno svoltare le proprie storie. Della medesima suggestione l’aspetto aperto e affascinante del giovane Paul (Louis-Ronan Choisy), noto cantante pop francese, per la prima volta in un ruolo cinematografico, entrato con destrezza e indubbia spontaneità nel personaggio maschile.
Nulla è lasciato al caso dal mestiere di Ozon: il film si svolge come un nastro, avvalendosi di una fotografia attentissima a luci ed ombre e di un gusto dell’inquadratura fortemente caratterizzata. Verso la conclusione, che avrà un carattere non banale, il personaggio di Mousse acquista lo spessore di una donna moderna, consapevole di quello che è e di quello che ancora dovrà fare per essere all’altezza del ruolo genitoriale per il quale non è ancora pronta.
Tocca proprio a un ex-tossica e a un omosessuale, due svantaggiati dal nostro sistema sociale, darci una bella lezione di umanità, libera, dolce, ma non retorica e molto lucida. Olga di Comite
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