ANNO:
Gran Bretagna / Sud Africa 2004
GENERE:
Drammatico
REGIA: John
Boorman
CAST:
Samuel
L. Jackson, Juliette Binoche, Brendan
Gleeson, Menzi
Ngubane, Nick Boraine, Sam Ngakane, Lionel Newton.
DURATA:
100 '
TRAMA:
Langston Whitfield (Samuel
L. Jackson), giornalista
del Washington Post, viene provocatoriamente
mandato dal suo editore a seguire le udienze della
Commissione
per la Verità e la Riconciliazione a carico
dei torturatori durante l'Apartheid in Sud
Africa.
Anna Malan (Juliette Binoche), una poetessa Afrikaans,
segue i processi attraverso la radio ed è distrutta
dai racconti delle crudeltà e depravazioni
da parte dei suoi connazionali. Entrambi rimangono
profondamente colpiti dalle testimonianze delle vittime
ed entrambi non hanno più un buon rapporto
con le rispettive famiglie. Questo li porterà ad
avvicinarsi sempre di più l'uno all'altra...
CRITICA a
cura di Olga
di Comite:
Si possono davvero mettere alle spalle
un passato di delitti e oppressione
razzista reimparando a convivere? L'antica
pratica tradizionale sudafricana dell'Ubuntu,
una specie di riconciliazione dopo
un pentimento pubblico, dice di sì.
Ed è questo l'elemento portante
dell'ultimo film di John Boorman,
regista inglese piuttosto diseguale
che ci
ha dato opere belle ("Un tranquillo
week-end di paura"), film di successo
di massa ("Excalibur") e ora questo In My Country, che
ha una sua utilità per
capire, ma per il resto non può dirsi
riuscito. Come in molti altri casi
il regista si ispira ad un libro, quello
di Antjie Krog, intitolato Country
of my Skull. L'autrice ha
seguito come giornalista e scrittrice
le udienze
della Commissione per la Verità e
la Riconciliazione, fortemente
voluta da Nelson Mandela e Desmond
Tutu, quando
nel 1994 fu
sconfitto in Sudafrica il
regime dell'Apartheid. Oggi
che quel continente continua a essere
insanguinata
da guerre fratricide, dove le varie
etnie si massacrano l'un l'altra, la
lezione politica della strada di Mandela è altissima.
Personalmente non credo che alla riconciliazione
basti la Commissione e penso che molte
terribili vendette di chi ha subito
torture, sevizie e morti (delle cui
drammatiche testimonianze il film si
fa portavoce) si siano consumate, senza
essere note, in quel grande paese.
Tuttavia la scelta di muoversi su un
terreno in cui si cerca il confronto
anche straziante, per arrivare a dire
<< Io esisto perché tu
esisti >>, è un
percorso di alta dignità umana.
Tutti dovremmo comprendere che ai tribunali
per i crimini contro l'umanità si
potrebbero sostituire, salvo il caso
di mandanti e non di esecutori, commissioni
del genere di quella sperimentata con
larga risposta positiva in Sudafrica.
Evitati i bagni di sangue, in questo
molti neri oppressi e il loro leader, Premio Nobel per la
pace, ci sono maestri. A parte questa
lodevole funzione informativa,
le leggi dello spettacolo hanno poi
richiesto che nel film venisse inserita
una love story (guarda caso!) tra una
giornalista afrikaner e un
giornalista nero americano del Washington
Post.
I due si incontrano proprio perché entrambi
hanno il compito di seguire le sedute
della Commissione, lei per una radio
locale, lui per il suo giornale. Da
questa quotidiana frequentazione, prima
improntata a una reciproca diffidenza,
poi a profonda comprensione, nasce
l'amore tra i due. Ma questa è la
parte più debole del racconto. Anna (Juliette
Binoche), divorata da
oscuri sensi di colpa, Langston (Samuel
L. Jakson), scettico sulla
bontà della
scelta politica sudafricana, risultano
spesso un pretesto, solo uno strumento
per raccontare una storia di oppressi
ed oppressori. Lei poi appare sempre
sul filo delle lacrime, spesso pervasa
da un sensibilismo artefatto, che non
ha niente a che fare col dolore severo
così ben interpretato dalla
stessa attrice ne il "Film Blu" di Kielowski. Situazioni sul patetico
piagnucoloso
si susseguono nella seconda parte del
film, gli scarti d'atmosfera si fanno
più scontati fino al finale
edificante. Allo spettatore non rimane
che sognare una pace universale basata
su una collettiva riconciliazione,
mentre si sforza di allontanare dalla
mente le immagini dell'Iraq
odierno. Olga
di Comite
VOTO: |