ANNO:
Italia 2003
GENERE:
Drammatico
REGIA: Gabriele
Salvatores
CAST:
Giuseppe Cristiano, Mattia Di Pierro,
Adriana Conserva, Dino Abbrescia, Diego
Abatantuono, Aitana Sanchez-Gijon, Giorgio
Careccia, Antonella Stefanucci, Fabio Tetta, Giulia
Matturro, Riccardo Zinna.
DURATA:
105 '
TRAMA:
Estate del 1978, piccolo paesino
di Acque Traverse.
Un posto del Sud. Caldo. Un deserto
di grano. Il niente. Niente da fare,
niente da vedere. Un manipolo di ragazzini
scorrazza liberamente fra il paese
e la campagna circostante. Sono gli
occhi di Michele (Giuseppe
Cristiano), dieci anni, che ci raccontano
il mondo e la storia
di
cui è protagonista. Un incredibile
segreto cambierà per sempre
la sua vita, segnando la fine dell'infanzia
e la conquista di un nuovo coraggio...
CRITICA a
cura di Mattia
Nicoletti:
Un campo di grano di colore oro, il
cielo terso a completare l’immagine,
un bambino che corre. Questi sono i
tre elementi che compongono il poetico
ma durissimo film di Gabriele
Salvatores. Dal primo istante
entriamo in un mondo lontano da noi,
la macchina
da presa
emerge dal grano ed entra in un paesaggio
quasi da favola, e l'intenso
colore giallo delle spighe, per un
attimo ci acceca e poi libera il nostro
sguardo verso alcuni bambini che stanno
correndo. Correre è libertà,
vita, e Michele si fermerà soltanto
quando incontrerà il mistero,
un evento che non comprende. A questo
punto la "spiga di grano" è matura,
e l'innocenza dell'infanzia è rotta, è fagocitata
dagli eventi, è tagliata di
netto come da una trebbiatrice. Siamo
negli anni '70, in un paese
dell'Italia Meridionale (dalle
parti di Potenza come indica la targa
di un'automobile) e un gruppo
di bambini, fra i quali Michele, si
diverte nei campi di grano. Michele,
improvvisamente, scopre che un ragazzo
della sua età è tenuto
prigioniero nel sottoscala di una casa
diroccata. Questo evento cambierà la
sua vita. Salvatores,
la cui poetica dell'amicizia è presente
nel film in modo importante, esplora
nei dettagli di luoghi e tempi lontani
(ma non così distanti) il periodo
spensierato dell'esistenza, e
costruisce sulle parole di
Niccolò Ammanniti,
autore della storia, il suo lungometraggio
perfetto (seguendo l'evoluzione
della vicenda, potremmo dire che anche
Salvatores è diventato maturo)
in cui la poesia dell'immagine
si unisce con quella dei personaggi,
i colori si accendono e poi repentinamente
si "spengono" fino a creare
un climax finale in cui il regista
ci porta alla vita vissuta fino alla
morte. La vicenda ambientata in un'Italia
dai lati oscuri, bui e segreti, fa
da contrasto ai lampi di giallo intenso
dei campi solcati dall'infanzia
di Michele e la mano del regista ci
sfiora e ci percuote con i contrasti
di luce per parlarci di ineluttabilità e
incertezza, di ingenuità e maturità,
di vita e morte. Mattia
Nicoletti
VOTO: |