CRITICA a cura di Olga di Comite: Per una volta cominciamo dal regista al quale proprio alcune sere fa mi era capitato di pensare per tutta la produzione precedente. Infatti in tv davano una delle sue opere più efficaci ed organiche, La giusta distanza (2007), a suo tempo passata quasi sotto silenzio nelle nostre sale.
E dire che almeno per tre lungometraggi Mazzacurati è un personaggio fuori norma e interessante nel panorama un po’ stanco dei nostri autori. Penso a Notte Italiana (1987), dove presentava tra i primi quella realtà del delta padano poi divenuta di moda o a Vesna va veloce, sensibile quadro di temi legati all’immigrazione o al più recente Cosa voglio di più? sulla difficoltà di vivere oggi una relazione amorosa nell’ambito della piccola borghesia. Quindi non mi aspettavo dal regista “eccentrico” una semplice commedia in questo La passione; pensavo a qualcosa di più serio e amaro che percorresse la sua riflessione sulla realtà.
Non mi sbagliavo in quanto su un soggetto semplice e non originalissimo, il regista innesta delle domande interrogando ciascuno di noi sul peso del Sacro nella nostra vita e sulla qualità infima dell’attenzione alle relazioni umane ai tempi nostri. Né mi ha deluso la fotografia di Luca Bigazzi, calda, chiaroscurata, suggestiva e l’umorismo ironico del primo tempo. Ma detto questo non mi pare si tratti di un film riuscito. Spieghiamo perché. In primo luogo il soggetto: realizzato con scene che spesso risultano slegate, banali, recitate sopra le righe. E’ in scena un gruppo di farsesca umanità, che riscatta in un gesto finale la sua vita grigia e improvvisata. Ma tale schema percorre già quasi tutta la produzione di Monicelli, per cui c’era poco da aggiungere e tutto da rinnovare.
In secondo luogo l’interpretazione di Silvio Orlando: l’attore appare sclerotizzarsi in un ruolo di frustrato con occhi all’ingiù e perenne espressione tra l’attonito e il rassegnato, che questa volta non colpisce nel segno. Infine, incompleto e sbiadito, il personaggio della giovane diva tv, raccomandata e potentissima, “vincente” agli occhi del suo agente, rispetto al regista in crisi, e non aiutata dall’interpretazione smorfiosetta di Cristiana Capotondi.
Al centro della storia un uomo di cinema (Silvio Orlando) che da cinque anni non riesce a inventarsi una storia ed è quasi al verde. Quando avrebbe un’occasione, a prezzo di umilianti tira e molla col suo agente, ci si mette un problema relativo alla casetta che possiede in terra senese. Giunto sul luogo, eccolo di fronte a un ricatto un po’ speciale: sindaco e maggiorenti del borgo vogliono che lui diriga la sacra rappresentazione, tradizione paesana del venerdì di Pasqua. In cambio essi non denunceranno i danneggiamenti provocati nella chiesa locale provocati da una perdita d’acqua dell’appartamento del nostro.
E di qui si dipana l’inizio dei preparativi per inscenare la Passione. Attorno a questa trama ruotano personaggi minori, alcuni vere macchiette, vedi quella di Corrado Guzzanti, altri di maggiore spessore, vedi quello dell’ex galeotto divenuto artista di strada e grande ammiratore del regista (Giuseppe Battiston). Il finale da pinacoteca per le scene della Passione e la prima parte della narrazione sono i momenti migliori di un racconto che non tocca le corde emotive dello spettatore. Olga di Comite
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