ANNO:
Spagna / Canada 2003
GENERE:
Drammatico
REGIA: Isabel
Coixet
CAST:
Sarah Polley, Amanda Plummer, Scott Speedman, Deborah
Harry, Leonor Watling, Maria de Medeiros, Mark
Ruffalo,
Alfred Molina.
DURATA:
106 '
TRAMA:
Nei dintorni di Vancouver vive Ann (Sarah
Polley),
madre ventitreenne con due dolci figliolette da accudire,
affiancata
dall'amorevole
marito Don (Scott Speedman)
spesso disoccupato, da una madre (Deborah
Harry) che odia tutto e tutti ed un
padre (Alfred Molina) da dieci lunghi
anni in prigione, abita in una roulotte nel
cortile di casa della madre e lavora di notte come
donna delle pulizie in quella Università che
non ha mai avuto la possibilità di frequentare
di giorno. Paradossalmente, solo dopo un infausto
controllo
medico Ann scopre
di amare la vita...
CRITICA a
cura di Olga
di Comite:
Morti annunciate, destini segnati, sembrano
la costante di numerosi film usciti questo
anno o abbastanza di recente, vedi "Le
invasioni barbariche" e "21
grammi". In questi giorni un terzo
film in proiezione nelle sale riprende
il tema, coniugandolo in forma un po'
paradossale e perciò ancora più irta
di tranelli, che si chiamano sentimentalismo,
patetismo, melassa di vario tipo. Mi
riferisco a La Mia vita senza
di me di
Isabel Coixet, prodotto
fra gli altri da Pedro Almodovar.
Imparare a vivere la vita attraverso
la morte potrebbe
essere la sintesi abbastanza appropriata
di una storia che ha un'innegabile tristezza,
senza però essere lugubre o preda
della tentazione di "beatificare" la
protagonista femminile come madre e martire
destinata al sacrificio. Con intelligenza
l'autrice evita questo scoglio e, se Ann non ci invita ad
una ironica riunione con gli amici come
il Denis de "Le
inavsioni barbariche", ci dimostra
però che per certi versi << caro è agli
dei chi giovane muor >>.
Infatti la nostra giovanissima eroina,
ventitreenne
e madre di due deliziose bimbe, conduce
una vita grigia, senza sussulti e senza
speranza di mutamenti, con una sorta
di precoce rassegnazione e malinconia
da donna attempata (oggi non è più vero
neanche questo!). Sarà proprio
la tremenda notizia di essere condannata
a non più di tre mesi di vita
per un cancro diffuso a mutare la sua
esistenza. Non per questo la giovane
donna si comporta come se tutto quello
che accade fosse per l'ultima volta,
ma si muove per lo più con una
consapevole pacatezza e una "pietas" affettiva
verso alcune persone della sua vita che
non era riuscita ad esercitare prima.
In più tende a ritrovare sensazioni
che la fretta e la routine della sua
vita difficile non le hanno mai consentito
di gustare pienamente. Ann lavora
di notte come donna di fatica all'università,
vive in una strettissima roulotte posta
nel cortile della casa materna, la madre è una
donna dura e ostile che l'aiuta male,
il marito spesso disoccupato è dolce
e l'ama, ma i due si vedono pochissimo.
Dopo la notizia che solo noi condividiamo
con lei, sapendo che c'è poco
tempo, la sua preoccupazione è quella
di realizzare un elenco di cose importanti
per << continuare la sua
vita senza se stessa >>.
Registra per le figlie parole di dialogo
ed augurio per ogni
compleanno, fino ai diciotto, fa conoscere
al marito la donna che potrà prender
il suo posto, va a trovare il padre carcerato
che non ha mai voluto incontrare prima,
gusta l'eccitazione di un nuovo amore,
perché il suo unico e solo è stato
quello di diciassettenne per suo marito.
In questo lasso di tempo Ann (la
bravissima
Sarah Polley) fa in
modo di lasciare una traccia tangibile
di sé in
tutti quelli cui tiene, riuscendoci con
ammirevole determinazione. Il tutto è trattato
con un linguaggio cinematografico classico:
qualche flash-back o brevi allucinazioni,
quadrature con campo e controcampo, colori
sobri e spesso scuri, fotografia scarsamente
luminosa, specie nella parte iniziale,
luoghi malinconici (la storia si svolge
nei pressi di Vancouver, essendo il film
ispano-canadese). Il ritmo indulge qualche
lentezza, ma non è pesante come
si penserebbe rispetto al soggetto. Insomma
non ci si distrae o rilassa, ma nemmeno
si ha la sensazione di assistere a un
polpettone miele e sentimento, come l'americano "Autumn
in New York", simile solo per il
tema di fondo. E questo è il risultato
apprezzabile. Comunque giuro che il mio
prossimo film sarà rigorosamente,
allegro, liberatorio, effervescente:
esisterà qualcosa di simile sul
mercato? Olga
di Comite
VOTO: |