ANNO:
U.S.A. 1946
GENERE: Thriller
REGIA: Robert
Siodmak
CAST:
Dorothy McGuire, Ethel Barrymore, George
Brent, Kent Smith, Rhonda Fleming, Gordon
Oliver, Elsa Lanchester, Sara Allgood, Rhys Williams,
James
Bell.
DURATA:
83 '
TRAMA:
Stati Uniti, primi anni del '900.
Una cittadina di provincia è sconvolta dalle
gesta di un serial killer, le cui vittime sono giovani
donne
menomate. La possibile quarta vittima, Helen
Capel (Dorothy McGuire), una ragazza priva
della parola, vive in un'immensa villa
con un'anziana signora, Mrs. Warren (Ethel
Barrymore), i suoi due figli
e i domestici. Tra essi si nasconde l'assassino,
e la sventurata dovrà lottare fino alla fine
per potergli sfuggire...
CRITICA a
cura di Francesco
Bristot:
Un capolavoro assoluto del thriller,
la cui tensione, nonostante siano trascorsi
quasi sessant'anni dalla sua uscita, è ancora
genuina. Gli elementi di punta del genere
ci sono già tutti, e come tali
verranno poi ripresi in seguito (e continuano
ad essere sfruttati tuttora) in una miriade
di altre pellicole che narrano le gesta
di un qualsiasi pazzo omicida. In primis La Scala a Chiocciola,
che dà il
titolo al film e che non può non
ricordare l'uso magistrale della spirale
messo in scena da Alfred Hitchcock:
un titolo per tutti "Vertigo".
Rilevanti anche le zoomate sull'occhio
dell'assassino o le inquadrature giocate
allo specchio, che hanno fatto la gioia
dei fan di Dario Argento e Brian
De Palma negli
anni '70-'80. La presenza poi di una
protagonista portatrice di un qualche
handicap, in grado di trasformare il
suo ruolo da vittima a eroina, è stata
ed è tuttora una costante del
thriller: da "Gli occhi
del delitto" di Bruce Robinson, che
cita direttamente questo film, in cui
la protagonista Uma
Thurman è cieca, a "Gli
occhi del testimone" di Anthony
Waller,
in cui invece è muta, a "Gli
occhi della notte" di Terence
Young (evidentemente
i distributori italiani non brillano
di fantasia nella creazione
dei titoli, quasi sempre diversi nella
versione originale) in cui è di
nuovo cieca. E che dire della classica
notte buia e tempestosa? O della fioca
luce della candela che si spegne sprofondando
la cantina nel buio? O delle stanze immense
riempite da gravosi silenzi, giustificati
dal mutismo della protagonista? Le regole
sono seguite alla lettera (o forse in
parte create, e a seguirle sono stati
in seguito gli altri): ecco perché,
quando una povera fanciulla si allontana
esclamando << Torno subito! >>,
chi ha amato "Scream" non
può che pensare ad una fine preannunciata
che puntualmente si avvera. Se quindi
la regia di Siodmak è davvero
eccezionale, un plauso altrettanto meritato è da
destinarsi alla fotografia di Nicholas
Musuraca, splendida in un bianconero
gotico che in certi
momenti ricorda le vette dell'espressionismo
tedesco degli anni '20, con i suoi giochi
di luci e ombre favoriti in questo caso
dai continui lampi. Anche le scenografie
sono notevoli, tanto sfarzose nei lussuosi
ambienti della villa quanto angoscianti
nella oscura cantina. E benché l'intera
storia si svolga quasi totalmente nell'arco
di una notte (anche questa non è una
novità del thriller, basti pensare
ai capostipiti di saghe quali "Halloween" o "Venerdì 13")
e all'interno della stessa casa, il continuo
succedersi di eventi non lascia mai spazio
alla noia. C'è comunque da rilevare,
per quel che riguarda la trama, che alcune
soluzioni giocate su una psicologia alquanto
spicciola (il modo in cui la protagonista
perde e riacquista la parola) o alcune
concessioni al luogo comune (la cuoca
ubriacona) possono far sorridere lo spettatore
attuale. Il quale, ormai svezzato da
gialli intricatissimi, non avrà poi
molte difficoltà ad individuare
l'assassino all'interno della ristretta
cerchia di sospettati. Rimane comunque
il fatto che quell'ombra avvolta nel
mantello, quell'ombra che appare fugace
nel parco grazie all'accendersi di un
lampo e poi torna a fondersi con la notte,
strappandoci un brivido, quell'ombra
che si nasconde dietro lo stipite della
porta e spia le mosse della sua vittima,
essa è padre di tutti i Michael
Myers, di tutti i Jason
Voorhees,
di tutti i pazzi scatenati che hanno
infestato il grande
schermo. E che ancora non siamo riusciti
ad esorcizzare. Francesco
Bristot
VOTO: |