CRITICA a cura di Valeria Dagianti: Lars Lindstrom (Ryan Gosling), è un ragazzo estremamente dolce e introverso, che difficilmente concede alle persone di “entrare” a far parte del suo piccolo mondo, molto spesso etichettato come strambo e solitario.
Mal volentieri, infatti, accetta gli inviti e le incursioni nella sua vita da parte di Karin (Emily Mortimer), moglie di suo fratello Gus (Paul Schneider).
Ma qualcosa cambia. Il solitario Lars sembra finalmente aver trovato un’amica speciale da presentare a parenti e amici come il grande amore.
Un amore sbocciato su internet, come ormai avviene molto frequentemente di questi tempi, porterà nella vita di Lars, nella sua famiglia ed in una piccola cittadina assonnata del Midwest, Bianca.
Bianca, l’adorata Bianca, è di origini danesi, è una ragazza molto devota cresciuta addirittura dalle suore, sfortuamente costretta su una sedia a rotelle. Ma allora cosa rende l’accoglienza di tutti, verso questa fantastica ragazza, piuttosto freddina? Semplicemente il fatto che Bianca è sì una ragazza dolcissima e stupenda, ma è al contempo non reale, perché si tratta di una “Real Dool” : una di quelle bambole gonfiabilii a grandezza naturale ordinabili via internet, assolutamente identiche ad una donna ma interamente composte di silicone.
La reazione da parte di tutti sarà di sgomento, considerando all’inizio Lars come un povero pazzo in preda ad una forte crisi illusoria. La nuova ospite porterà scompiglio e tensioni nella famiglia, che non sapendo assolutamente come comportarsi, chiederà aiuto al loro medico di famiglia, la Dottoressa Dagmar (Patricia Clarkson).
Bianca è ovviamente un alter ego, attraverso di lei, Lars, riesce a dar voce a tutti i problemi, che fino ad allora era riuscito a tacere. Attraverso Bianca, Lars muove i suoi primi passi all’interno di un mondo che gli era del tutto sconosciuto, fatto di feste ed uscite con gli amici. Inoltre si muoverà, incerto, nel sempre minato campo dell’amore; con lei riscoprirà i luoghi della sua infanzia e troverà persino il coraggio di corteggiarla con una serenata.
La particolarità di questo film, diretto da Craig Gillespie (qui alla sua seconda opera da regista), e che vede come sceneggiatrice Nancy Oliver (famosa per aver partecipato alla stesura di alcuni episodi del telefilm Six Feet Under), è quella di rendere il diverso uno di noi. In una comunità che sembra svegliarsi dal suo lungo tepore, nel quale ogni abitante instaurerà con la “REAL doll” una relazione personale, Bianca diventerà un’amica alla quale raccontare segreti, con la quale parlare dei propri problemi, qualcuno da vestire e pettinare.
Andando avanti con la visione, Bianca, risulterà più vera di molte altre persone, e arriveremo a trovar difficile il ricordarci che in fondo è solo una bambola.
Presentato in anteprima alla venticinquesima edizione del Torino Film Festival, e vincitore del Premio del Pubblico, Lars and the real girl (titolo originale) è un piccolo film che va assolutamente visto e che forse potrà esserci d’aiuto per capire e per capirci. Capire cosa? Beh, a questo punto entrate in gioco voi. Valeria Dagianti
VOTO: 7
CRITICA a cura di Olga di Comite: Ecco un altro film della serie “piccolo ma bello”, nonché “quasi invisibili”, che transitano per pochi giorni e al pomeriggio in una sola sala della città. Non è che sia tutto oro, perché il racconto (opera seconda del regista australiano) ha il limite di essere qua e là lento e ripetitivo, ma possiede anche una indubbia originalità nello spunto di partenza e anche nei sentimenti che lo coloriscono. Abituati a violenze gratuite o autentiche, di cui spesso grondano i film riflesso della realtà attuale, ci si sorprende quando, come un soffio d’aria pura, si respira odore di solidarietà umana o di lieto fine.
Tuttavia ciò non vuol dire che al fondo il discorso non tratti di solitudine e di problemi stratificati nel tempo. C’è infatti il personaggio principale, che, colpito da piccolo negli affetti e cresciuto come un solitario, ha sviluppato una nevrosi che non gli consente di aver rapporti normali con uomini e donne; è la cosiddetta afefofobia, consistente nel terrore del contatto fisico. Lars quindi vive molto chiuso in se stesso, trascinando un’esistenza e un lavoro mediocre e grigio in un paesino del Midwest, abitato perlopiù da gente di origine scandinava come lui. Si tratta di comunità timorate di Dio, d’impronta luterana, pettegole quanto basta: tutti si conoscono ma non si frequentano più di tanto.
Molto preoccupati per le difficoltà del giovane sono il fratello e la dolce cognata che abitano vicino a lui ma un giorno sembra che tutto possa cambiare Il taciturno ragazzone ((Ryan Gosling) annuncia che ha una ragazza e che la presenterà ai parenti. Peccato che si tratti di una bambola di silicone, completa di tutti i particolari anatomici, che il giovane ha comprato via internet.
Eppure (è questo il paradosso del film) sarà proprio questo essere inanimato che tutti trattano come se fosse una persona, per assecondare Lars a liberarlo dalle sue ossessioni e a far diventare gli altri un po’ più buoni e sensibili. Quando il giovanotto con l’aiuto di una psicologa (nel ruolo è molto credibile Patricia Clarkson) riesce a veder chiaro nella sua esistenza da isolato, sarà lui stesso a dichiarare molto malata Bianca, il nome della ragazza di plastica, e a farla morire, seppellendo con lei il se stesso di prima.
Anche se tutto ciò che accade non è realistico ma una metafora dell’amore e del vivere insieme, credo che in fondo lo spettatore sia contento di credere possibili fatti che non lo sarebbero.
Sospetto infatti che in ciascuno di noi, date le realtà così complesse e spesso disperanti che ci circondano, sonnecchi un desiderio di sognare che il bene qualche volta è a portata di mano. Olga di Comite