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RECENSIONE FILM MICHAEL CLAYTON

MICHAEL CLAYTONANNO: U.S.A. 2007

GENERE: Drammatico

REGIA: Tony Gilroy

CAST: George Clooney, Tom Wilkinson, Tilda Swinton, Sydney Pollack, Robert Prescott, Michael O'keefe, Maggie Siff, Sarah Nichols, Jason Strong, Jennifer Ehle, Ken Howard, Amy Hargreaves.

DURATA: 119 '

TRAMA: Per 15 anni Michael Clayton (George Clooney), avvocato newyorkese, ha lavato i panni sporchi dei suoi facoltosi clienti aggiustando la verità. Durante una vicenda scottante sarà però Clayton stesso a rimanere vittima dello sporco sistema senza scrupoli del quale è sempre stato parte integrante...

GIUDIZIO: Michael Clayton, primo film di Tony Gilroy, brillante sceneggiatore di The Bourne Identity e L'Avvocato del Diavolo, è un film abbastanza insoddisfacente.
Beninteso, Michael Clayton non è affatto un brutto film, tuttavia considerando come sia uso comune criticare puntualmente le pecche delle sceneggiature dei cosiddetti blockbusters, non si può non sottolineare la palese mancanza di trama in un film "impegnato" come questo.
Michael Clayton è una buona idea costruita su fragili fondamenta.

Un film intitolato con il nome di un personaggio non può non comunicarci l'intreccio essenziale, non può non raccontarci la storia del protagonista principale che fa anche da titolo al film.
Non sappiamo molto su Michael Clayton, interpretato da George Clooney: paradossalmente non sappiamo come svolge il suo lavoro ed in cosa consiste, non lo vediamo in azione, non sappiamo perchè un illustre uomo di legge con un curriculum prestigiosissimo e che paga 10.000 dollari di affitto al mese abbia improvvisamente insormontabili difficoltà a procurarsene 75.000, non conosciamo la vita privata di Clayton, non conosciamo nemmeno i suoi vizi ed i suoi problemi, se non per un rapido accenno al gioco d'azzardo.
L'abbozzo superficiale di un character non basta a rendere compiutamente un personaggio.
La superficialità della trama è la pecca principale di Michael Clayton, in parte compensata dalle buone idee del film, dall'ottima regia e dalle prove attoriali.

Andando più a fondo, in verità sappiamo poco anche della U/North, del personaggio di Karen Crowder interpretato egregiamente da Tilda Swinton, il film non ci illustra compiutamente nemmeno il dramma delle persone coinvolte nella causa penale multimiliardaria seguita dallo studio legale Kenner Bach & Ledeen’s che costituisce il fulcro del costrutto.

Se da un lato Tom Wilkinson eccelle con la sua ottima interpretazione e George Clooney, Tilda Swinton e Sydney Pollack coprono bene i loro ruoli, dall'altro ci troviamo di fronte un film che stenta a comunicarci una storia che purtroppo non c'è e che potrebbe essere così riassunta: un uomo di legge esperto nel risolvere grane e nel "fare pulizia" rimane vittima egli stesso delle "pulizie" di uomini d'affare imponenti e senza scrupoli, decide così di ribellarsi al sistema nel quale ha sempre "sguazzato".

Purtroppo la sceneggiatura di Michael Clayton non va, non si può pretendere che lo spettatore immagini e costruisca interamente nella propria mente la trama di un film senza che gli siano stati forniti quantomeno gli adeguati spunti.
Michael Clayton è Michael Clayton, ma non sappiamo come lavori, in cosa consista il suo lavoro, quale sia il deprecabile sistema di cui è parte integrante.
Parole ed immagini accompagnate da un'accattivante motivetto carico di tensione scorrono sul grande schermo, ed insieme ad esse scorre via una buona occasione sprecata per realizzare un film di spessore
.
VOTO: 6+

CRITICA a cura di Olga di Comite: “Faccio al mio meglio i film che vogliono gli studios per potermi permettere quelli che piacciono a me”.
Quelli che piacciono a lui sono del genere Syriana e Good Night and Good Luck, un po’ gialli e un po’ politici impegnati, ma con concessioni all’intrattenimento, in bilico tra un rigoroso bianco e nero e un raffinato technicolor.
Chi parla è George Clooney, che illustra in un’intervista a Ciak le sue idee sulla funzione del cinema di denuncia oggi in America, sull’importanza che esso ha nel rispecchiare la società, sulla necessità di trattare argomenti scomodi e gli errori di un paese che è grande nel momento in cui li riconosce.

In questo ultimo lavoro, coprodotto con Soderbergh e Pollack, il fascinoso e sorridente interprete di blockbuster, mostra il suo volto più serio e un po’ invecchiato nei panni di un ex-procuratore di New York. Per le traversie personali e il vizio del gioco, ha perso quasi tutto, oltre che la stima di se stesso. Si presta infatti a trattare gli affari sporchi di un grande studio legale e con pochi scrupoli tutela gli interessi di uomini corrotti e potenti nonché di grosse multinazionali poco inclini a curarsi di altro se non del proprio profitto.

L’uomo è oppresso da problemi di ogni genere: una situazione finanziaria prossima al fallimento, un matrimonio andato a rotoli, un difficile rapporto con un figlio che vede poco e male. Ormai rotto a ogni compromesso con la sua coscienza, sembra averla dimenticata, finché uno degli avvocati più in vista delllo studio per cui lavora (Tom Wilkinson) non va in crisi totale. Quest’ultimo decide perciò di rendere note in molte morti sospette le responsabilità di una potente industria produttrice di diserbanti. Il prodotto è stato venduto soprattutto a proprietari di piccole fattorie e una giovane donna è disposta a testimoniare sulle malefatte della società.

L’avvocato Michael Clayton (George Clooney) dovrebbe intervenire, ma, svegliatosi dal suo torpore etico, rifiuta di tradire l’amico e di essere complice di un ulteriore affare miliardario della multinazionale in questione. A manovrare i fili per la conclusione del business è una avvocatessa (Tilde Swinton) con vari tic e problemi, ma disposta a tutto (anche a diventare mandante di un omicidio), pur di sgomberare il campo da ogni ostacolo. Colpo di scena finale e ultimissima inquadratura, lunga tre minuti, per un George Clooney, il cui personaggio ha ritrovato la propria libertà di scelta e la forza, si spera, di riprogettare il futuro. E nonostante nella succitata intervista l’attore dichiari ”Se la sceneggiatura è buona e il film ben diretto ben poco del risultato si affida agli attori”, io penso invece che egli stia gradualmente crescendo e affinando le sue capacità espressive, arricchite di modulazioni più vere ed umane rispetto allo stereotipo degli inizi.

Senza presunzione, non essendo certo il primo a trattare tematiche di questo tipo (basti citare per tutti Erin Brokovich), Clooney si muove con pragmatismo ed onestà intellettuale su un mercato complesso, dove fare film di consumo può consentirti il lusso del film impegnato, in questo caso con l’andamento e il ritmo di una gangster-story anni ’50. La fotografia realistica e pulita, una colonna sonora discreta ma puntale, dialoghi essenziali fanno il resto.
Come un buon vino, il divo americano invecchiando migliora e spinge a riflettere sulla politica del suo paese oggi nel mondo, con un esplicito invito a cambiarlo
. Olga di Comite
VOTO:

 
 

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