ANNO:
Afghanistan / Giappone / Irlanda 2003
GENERE:
Drammatico
REGIA: Siddiq
Barmak
CAST:
Marina Golbahari, Arif Herati, Zubaida
Sahar,
Gol Rahman Ghorbandi, Mohamad Haref Harati, Mohamad
Nader Khadjeh, Khwaja Nader, Hamida Refah.
DURATA:
82 '
TRAMA:
Kabul,
non molto tempo fa. Tre donne, una ragazzina di 12
anni, sua madre e sua nonna, sono sopravvissute alla
repressione
delle manifestazioni di protesta organizzate dalle
donne
afgane all'inizio del regime talebano. La legge
proibisce alle donne di uscire di casa senza essere
accompagnate da un uomo. In caso contrario verranno
severamente punite.Il marito ed il fratello sono
morti, non c'é nessuno che possa aiutare le
tre donne, non possono lavorare, non possono uscire
di casa. Manca un uomo. La madre (Zubaida
Sahar),
decide insieme alla nonna di travestire la figlia
da maschio: l'unico modo per procurarsi un lavoro
ed un po' di pane per sopravvivere. Da ora in poi
Maria (Marina Golbahari) si chiamerà Osama.
Da questo momento Osama comincia a vedere la vita
con nuovi occhi. Dopo aver cominciato il suo nuovo
lavoro come aiutante di un lattaio, Osama viene portata
insieme a tutti i maschi del quartiere, alla scuola
religiosa "Madrassa", che é anche
il centro di addestramento militare...
CRITICA a
cura di Olga
di Comite:
Dallo schermo lo sguardo colmo di
rimprovero e di ingiusto dolore della
piccola Osama mi penetra
ed io non posso distogliere il mio
da quegli
occhi di cerbiatta ferita, sentendomi
terribilmente inadeguata. Nascere donna
significa incontrare ovunque più difficoltà,
ma nascerlo in alcuni Paesi
islamici e
in Africa è davvero
una condanna biblica. Quella bambina
senza gioco,
senza sorriso, senza amore, che mi
fissa nel buio della sala, scuote le
mie stanchezze e indifferenze, perché è il
simbolo incarnato delle sofferenze
delle donne afgane durante
il periodo dell'oppressione talebana.
Ma è al
tempo stesso un grido che viene dalla
infibulata somala, dai bimbi ricoperti
di mosche dell'Africa, dai bambini-guerrieri
e di strada del Sud-America, dalle
tenere vittime delle radiazioni di Chernobil e l'elenco
s'allunga senza fine. Tutto ciò che è miseria
e ingiustizia al mondo ci tocca un
momento e poi via verso i nostri impegni,
problemi, egoismi, ambizioni, ma quello
sguardo acerbo pieno di amarezza, smarrimento,
collera, sarà difficile cancellarlo
presto. Senza moralismi, film come
questo dell'afgano Barmak spingono
a non desistere dalla lotta quotidiana,
anche se fatta di piccoli gesti; guai
a pensare che ormai da noi si sono
vinte molte battaglie se altrove, là vicino,
nel villaggio globale, sotto i nostri
occhi distratti, è ancora tutto
da conquistare. Grazie perciò a Siddiq Barmak che
ce lo ricorda col suo mestiere e così bene.
Infatti Osama non è solo
il toccante racconto di tre donne rimaste
sole, e perciò del tutto indifese, nell'Afganistan dei Talebani, è anche
un bel pezzo di filmografia. Ci dice
che in quel paese tormentato, esistono
energie e cervelli non fanatici, impegnati
oggi a far rinascere la cultura locale.
Il film ha un buon ritmo, attori presi
dalla strada efficacissimi, una fotografia
limpida, inquadrature magistrali, come
la scena d'apertura che mostra una
manifestazione di donne, tutte coperte
dal burka celestino, che si muovono
come un serpente tra pietre e polvere.
Il racconto nella sua semplicità è perfetto.
Una bimba di dodici anni è rimasta
con la mamma e la vecchia nonna: la
casa non ha uomini perchè morti
combattendo contro l'armata russa o
durante la repressione talebana. Non
possono uscire di casa, non possono
lavorare, non hanno di che sfamarsi,
non sanno più come sopravvivere.
E' la nonna (che con le sue mani nere
e callose elargisce alla piccola le
uniche carezze della sua vita) a raccontare
una poetica storia e a suggerire di
travestire la nipote da maschio, tagliandole
i capelli. Così Maria sarà Osama.
Andrà a lavorare in una miserevole
bottega, ma ben presto verrà "arruolata" con
altri ragazzi dai Talebani,
perché devono
essere educati religiosamente e militarmente.
Non basterà l'amicizia di un
ragazzino più grande a proteggere Maria-Osama, quando
gli altri coetanei e un vecchio Mullah capiranno la sua
vera natura. Si giungerà così al
giudizio. Mentre altre donne imprigionate
subiranno barbare condanne, la piccola
sarà "barbaramente" salvata
dal vecchio Mullah che la chiude nella
sua casa per farne la più giovane
delle mogli. Sul vecchio laido che
si appresta a consumare il premio della
sua "bontà" il film
si chiude. E non c'è altro da
aggiungere. Olga
di Comite
VOTO: |