ANNO: Corea del Sud 2003
GENERE: Drammatico
REGIA: Ki-duk Kim
CAST: Young-soo Oh (Il vecchio monaco), Ki-duk Kim (Il monaco adulto), Young-min Kim (Il giovane monaco), Yeo-jin Ha (La ragazza), Jong-ho Kim (Il monaco bambino), Jung-young Kim (La madre di Gin), Dae-han Ji (Detective Ji), Min Choi (Detective Choi), Min-Young Song (Il bambino), Fji-a Park (La madre del bambino).
DURATA: 103 '
TRAMA: Primavera: un giovane monaco per capriccio lega pietre sulla schiena di una rana. Estate: il monaco, divenuto adolescente, si innamora di una ragazza giunta al monastero per rimettersi da una malattia. Autunno: il monaco, ormai uomo, ritorna al tempio dopo aver compiuto un omicidio. Inverno: il monaco, ora nella sua piena maturità, si ritira su di una montagna innevata per imparare le arti del buddismo. Ancora Primavera: il monaco cresce un bambino nella pace del tempio. Il cerchio della vita continua...
CRITICA a cura di Severino Faccin: La sequenza delle stagioni scandisce i ritmi immutabili del tempo nel piccolo monastero sull'acqua, in isolamento tra le montagne, dove i due monaci, l'anziano e il bambino, conducono la loro esistenza eremitica: l'uno apprendendo attraverso il gioco il significato e il valore della vita, scontando con la disciplina severa le male azioni compiute, che rimarranno come macigni a pesare sui suoi comportamenti fino a quando non riuscirà a liberare la mente dall'ignoranza e a dominare i propri istinti; l'altro proseguendo il suo cammino verso lo stato di perfezione, con il compito non secondario di assecondare e sovrintendere anche all'educazione del piccolo monaco, istruendolo secondo il dharma. Se questa è ancora la primavera, nel corso dell'estate la scoperta dei sensi per il monaco bambino, ormai ragazzo, con l'ingresso dell'elemento femminile e l'insistita, ripetuta presenza dei naga (serpenti) quale simbolo di immortalità intesa come rinascita ed eterno perpetuarsi della vita, segna il distacco definitivo – oltre a quello fisico, dal monastero – dall'età dell'innocenza e dei giochi. Un distacco drammatico, condizionato una volta di più dal kharma negativo accumulato con le male azioni del monaco bambino, che avrà il suo sbocco in un autunno amaro e carico di dolore. Autunno che segna, attraverso l'uscio aperto sul niente, il riaffacciarsi del giovane alla porta della conoscenza dopo aver toccato i piaceri e le sofferenze della vita mondana. Ma ancora, i conflitti, interiori ed esteriori, che influenzano la sua esistenza, non cessano di pesare sui suoi comportamenti, almeno fino a quando il monaco anziano non lo costringerà a intagliare sul pavimento i versi del prajna-paramita sutra, per apprendere a discernere il significato e la differenza tra il bene e il male. Questo inizio di acquisizione della consapevolezza del sé, avrà il suo epilogo con l'arresto del giovane e l'allontanamento per la seconda volta dal monastero, e con l'autoimmolazione per combustione, del monaco anziano. L'offerta del proprio corpo al Tathagata attraverso le fiamme, ha l'effetto catartico di purificare e rigenerare la vita. Preludio necessario – con l'inizio dell'inverno – al ritorno del giovane monaco diventato adulto, al romitaggio sul lago. Qui egli cercherà di espiare con l'esercizio spirituale, la meditazione, lo sforzo fisico, la mortificazione del corpo, le male azioni del passato e, attraverso la compassione per una madre che abbandona alle sue cure il proprio figlio, saprà ritrovare la via della saggezza (ecco riaffacciarsi il simbolismo del naga, intrappolato da lui bambino, entro un laccio legato a un sasso che ne aveva provocato la morte, quasi un rifiuto verso ogni forma di conoscenza). A testimone della ritrovata saggezza, torna alfine nuovamente la primavera, con il monaco adulto che segue i giochi del bambino, nell'eterno rinnovarsi del ciclo delle rinascite (samsara). Severino Faccin
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