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RECENSIONE FILM PRIMO AMORE

Primo AmoreANNO: Italia 2003

GENERE: Drammatico

REGIA: Matteo Garrone

CAST: Vitaliano Trevisan, Michela Cescon, Mauro Cordella, Fabrizio Nicastro, Marinella Ollino, Stefano Cassetti.

DURATA: 100 '

TRAMA: Vittorio (Vitaliano Trevisan) cerca una donna che corrisponda al suo ideale. Attraverso un annuncio incontra Sonia (Michela Cescon), una ragazza dolce, simpatica, intelligente, ma che pesa 57kg...Troppi. Lui, che di mestiere fa l'orafo, vorrebbe modellare il suo corpo e la sua mente come il fuoco fa con l'oro dei suoi gioielli. Lei, resta prigioniera di quel vincolo amoroso che si trasforma, quasi inavvertitamente, in un reciproco gioco al massacro. In una torretta circondata dal verde delle colline venete due amanti si isolano perdendo progressivamente il contatto con la realtà e con il resto del mondo...

CRITICA a cura di Gianni Merlin: Passato in sordina all'ultima berlinese, in quanto forse perché proprio film profondamente anti-festivaliero, Primo Amore di Garrone segna distintivamente questo primo scorcio di stagione e si impone per la forza delle sue immagini e della vicenda narrata, rivelando il notevole sguardo nitido, esteta e visionario del giovane regista de "L'Imbalsamatore" e rendendo il film in questione una pellicola che rimane, al di là di qualsiasi giudizio, anche dopo parecchio tempo dalla proiezione. Ci sono diversi elementi in effetti che contribuiscono alla buona riuscita della pellicola, in primis, la straordinaria affinità tra i due protagonisti, così profondamente naturali, all'interno di una Vicenza addirittura incomprensibile per un non veneto (parecchi i dialoghi in dialetto molto stretto ed arcaico), ma allo stesso tempo pervasi da una passione talmente forte e condivisa che alla fine trascende in perversione: lui, Vittorio, Vitaliano Trevisan, nella realtà scrittore di talento, faccia inquietante in quanto dotata di sguardo a volte dolce, addirittura buffo, ma repentinamente aggressivo e violento, lei, Sonia, Michela Cescon perfetta musa innamorata delle stranezze del suo uomo, tanto da perdere di peso di 15 chili. Tale ossessione, il raggiungimento di un fantomatico peso forma ideale, pervade tutto il film e ne rappresenta l’elemento primario e più importante, del tutto originale nel panorama del nuovo cinema italiano, spesso frenato da esigenze didascaliche: qui Garrone dà voce ai linguaggi dei corpi, che si trasformano, si modellano, si contorcono durante tutto film e si plasmano come l'oro fino alla dimensione della purezza. Il film è proprio una tormentata, ma reciprocamente voluta intensa storia d'amore, come da tempo (non) si vedeva al cinema, un'amore fatto di costrizioni, di desiderio folle, di carezze, di rifugi eremitici e di distacco: il distacco del pensiero dal corpo, da ciò che si pensa e ciò che si è, come se il nostro corpo fosse sovradotato di un qualche spazio inutile rispetto al necessario. Questo sfasamento evidentemente attanaglia il buon Garrone ed egli lo riflette nei personaggi e nelle stesse immagini di Primo Amore, come la stupefacente scena del battello con le forme offuscate e limpide, metacinema di altro calibro, mentre si discute di quanto una persona possa essere mentalmente più avanti di quanto il proprio corpo rappresenti o di quando Vittorio dopo aver raschiato i muri del laboratorio orafo brucia in un memorabile fermo immagine di cangiante cromatismo ciò che rimane per ottenere l'essenza del suo passato-presente. Questo e molto altro è presente nel film, che si presterebbe volentieri ad essere efferato, ma lascia la violenza alla forza di alcune scene, di alcune sequenze, come quella terribile del ristorante e del piatto di pasta ai funghi divorato da una oramai sfinita e pazza Sonia. Assolutamente da vedere. Gianni Merlin
VOTO: 8,5

RECENSIONE a cura di Ottavia: Il romano Matteo Garrone, ex fotografo, classe '68, con Primo amore, unico titolo italiano in concorso al 54esimo Festival di Berlino con cui ha diviso la critica, continua il suo percorso dopo l'acclamato e bellissimo "L'Imbalsamatore" del 2002, lontano dal facile consenso di pubblico. E' una storia morbosa, inserita in un'atmosfera crepuscolare cupa ed intensa, in cui l'autore scava nei risvolti negativi dei sentimenti. Non è un film sull'anoressia, come ha scritto erroneamente qualcuno ,bensì sull'incapacità di amare. Il regista prende spunto, come nel lavoro precedente, da un fatto di cronaca vera, e costruisce un noir perfetto dal punto di vista stilistico, con un'ottima fotografia, toni scuri che delineano i caratteri e le loro psicologie. Per realizzarlo si avvale di un'attrice teatrale, Michela Cescon, dimagrita di 15 chili per il ruolo, e di uno scrittore veneto, Vitaliano Trevisan; i due interpretano Sonia e Vittorio, protagonisti che si incontrano in seguito ad un annuncio ed intrecciano un legame malato, si ritirano in una torretta nelle verdi colline venete perdendo il progressivo contatto con la realtà. L'uomo è ossessionato dalla magrezza e la donna si lascia coinvolgere gradualmente da quell'ossessione che sembra non chiederle molto se non perdere peso e smettere di mangiare, fino a condurre entrambi all'autodistruzione. Un autore come Garrone fa ben sperare per la ripresa del cinema nostrano. Ottavia

VOTO:

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