ANNO:
Germania 2003
GENERE: Drammatico
REGIA: Margarethe
von Trotta
CAST:
Katja Riemann, Maria Schrader, Jutta Lampe, Jürgen
Vogel, Martin Feifel, Fedja van Huêt, Nina
Kunzendorf, Doris Schade, Carola Regnier, Jutta Wachowiak,
Jan Declier, Thekla Reuten, Lilian Schiffer, Lena
Stolze, Svea Lohde, Isolde Barth, Carine Crutzen,
Fritz Lichtenhahn, Martin Wuttke.
DURATA:
136 '
TRAMA: Ruth
Weinstein (Jutta Lampe),
una signora newyorkese, ha appena sepolto il marito.
Nel dolore riflette
sulla
religione ebraica ortodossa e organizza un lutto
di trenta giorni per tutta la famiglia. Inoltre,
disapprova il matrimonio della figlia Hannah (Maria
Schrader) con il sudamericano Luis (Fedja
Van Huet).
Per capire come mai la madre si comporti così stranamente, Hannah si
ritrova alla ricerca di indizi…
CRITICA a
cura di Olga
di Comite:
Per una tragedia come lo sterminio
degli Ebrei durante il nazismo,
niente è eccessivo,
nessuna denuncia esagerata, perciò un'opera
ad esso ispirata non può esser
giudicata col metro ordinario. Questo
soprattutto oggi, quando sono in atto
non aggiustamenti logici dell'ottica
con cui si guarda a ogni evento storico
via via che s'allontana, bensì ignobili
tentativi di cancellazione di ciò che è stato.
Tale smania revisionistica è qualcosa
di pesantissimo, quasi un modo simbolico
di uccidere nuovamente quei milioni
di persone eliminate con sistematica
crudeltà e delirante scientificità.
E' proprio quest'ultima caratteristica
che distingue l'Olocausto dalle mille
carneficine, pulizie etniche, morti
per fame, che ai nostri giorni costituiscono
il rovescio della medaglia di sviluppo,
consumo, superfluo. Ciò premesso,
si può parlare dell'ultima fatica
di Margarethe Von Trotta,
assente da un po' di tempo dagli schermi. Rosenstrasse ha
al centro un episodio poco noto, che
riguarda gli Ebrei a Berlino.
Siamo nel '43; tra gli ultimi atti
di una
dittatura che vede su di sé l'ombra
della fine, c'è l'arresto e
la segregazione in un edificio della Rosenstrasse di un
gruppo di familiari (mariti, mogli,
figli) di coppie miste
costituite da ariani ed ebrei. Fuori
del palazzo ogni giorno e in numero
sempre crescente si radunano familiari,
perlopiù mogli, dei segregati,
reclamando a gran voce il diritto di
rivedere i propri mariti, alcuni dei
quali sono già stati deportati.
Dopo notti di ostinata presenza là fuori,
miracolosamente, per ordine di Goebbels e
per un calcolo di opportunità politica,
i prigionieri vengono rilasciati, grazie
anche all'azione delle loro donne ariane.
A questo racconto si intreccia quello
di Hannah, (Maria
Schrader), giovane
ebrea la cui madre ha perso nei lager
la propria. Rimasta orfana, la piccola
Ruth viene raccolta
da una delle donne presenti in Rosenstrasse.
Quest'ultima,
di nome Lena (Katja
Riemann), di origini
aristocratica, tedesca purosangue,
aveva sposato un suo collega ebreo,
violinista, essendo anche lei un'applaudita
pianista. Dopo le nozze e con la guerra,
la sua vita diventerà quella
di una donna disperata, preda della
fame e delle umiliazioni provocate
dal suo matrimonio. Terrà con
sé la piccola Ruth per
circa tre anni, poi la bimba sarà mandata
in America per essere cresciuta da
una legittima zia trasferitasi oltreoceano.
All'inizio del film vediamo Ruth,
ormai settantenne (Jutta Lampe),
subito dopo la perdita del marito,
evento che la
porta a ripercorrere con la memoria
il suo passato. Tale cammino a ritroso
verrà condiviso dalla figlia Hannah, che riuscirà a
ricostruire molti fatti di quella catastrofe
individuale
e collettiva. L'opera della Von
Trotta,
a volte un po' prolissa, è nel
complesso un prodotto di buon livello,
anche se, a mio parere, alcune scene
più patetiche potevano essere
risparmiate. Il patetico che nasce
dalla verità storica è secondo
me meno sopportabile di quello che
nasce unicamente dall'invenzione artistica.
Va però aggiunto che la regista
tedesca ha avuto il coraggio di mettersi
di fronte a una tematica che la maggior
parte dei suoi connazionali aveva rimosso
fino a pochi anni or sono. In più l'ha
fatto con l'onestà intellettuale
che la distingue, presentando gli eccessi
di zelo e crudeltà dei nazisti,
ma anche lo stupore di molti tedeschi,
gente comune, che vedeva sparire persone
con cui aveva vissuto fino a poco prima,
ignorando spesso la loro terribile
sorte e i motivi della scomparsa. La
pressione emotiva cui l'argomento sottopone
il pubblico è sostenuta da una
recitazione tutta sfumature ed espressività,
nonché da una fotografia dei
luoghi attenta ai particolari e dai
colori decisi ed essenziali, lividi
o squillanti a seconda del contesto.
In definitiva ancora un momento di
emozione, riflessione e ricordo del
passato, cui dovrebbe far seguito più passione
e decisione oggi per agire contro la
perdita di diritti e l'oppressione
dei deboli, ovunque essa avvenga. Olga
di Comite
VOTO: |