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RECENSIONE FILM THE HELP

THE HELPCRITICA a cura di Olga di Comite: “Sei brutta, sei povera, sei negra, sei una donna: sei niente di niente”: è una micidiale battuta de Il colore viola, film di maggiore spessore di questa recente opera ma pur sempre collocabile in quel solco. Certo a The Help avrebbe giovato qualche caduta retorica in meno, un minor eccesso di semplificazione nonché una fine senza lacrime.

E già che sono partita dai progenitori, ricorderei anche Lontano dal Paradiso, con una memorabile Julianne Moore al centro e un'America anni ’50, dove perbenismo, razzismo, falsa felicità raccontavano in maniera più indiretta e perciò più affascinante, la stessa cosa.

Ma ritorniamo a The Help che presenta almeno due pregi di cui dare subito conto. Il primo consiste nell’aver scelto un punto di vista doppiamente inusuale per raccontare quella che era la condizione “negra” nell’America anni ’60. La storia è infatti declinata al femminile e l’elemento maschile è del tutto irrilevante; in più l’ottica da cui si parte è quella di un gruppo di domestiche nere. Esse per pochi soldi e molte umiliazioni crescono i figli dei bianchi, li amano, ne sono riamate, ma se li ritrovano poi da adulti simili ai loro genitori (con qualche fortunata eccezione).

Uno spaccato quindi singolare, storie di quotidiana crudeltà segregazionista di donne su altre donne, di madri che ancora sono figlie per maligna immaturità su madri che spesso lasciano i propri bambini per crescere con antica saggezza pedagogica quelli degli altri.

Il secondo aspetto positivo di questo film, tra i primi al botteghino come il fortunato best-seller da cui è tratto, risiede nella interpretazione corale di attrici bianche e di colore al di sopra della media. E se alcuni personaggi sono tratteggiati sommariamente, esagerando i tratti e quasi riducendoli a macchiette, il limite sta nella sceneggiatura e non nelle interpreti.

Spiccano le tre protagoniste: le cameriere nere Octavia Spencer e Viola Davis e la giovane scrittrice bianca Emma Stone. Da questi personaggi prende avvio la lunga narrazione (qualche taglio avrebbe giovato all’efficacia del tutto). E’ la giovane laureata Skeeter, che staccandosi dall’ambiente più retrivo e razzista delle donne della cittadina (Jackson, Mississippi), concepisce l’idea di raccogliere in una serie di interviste anonime le esperienze delle cameriere di colore.

Saranno Aibileen e la sua amica Minny a iniziare questa collaborazione con molto coraggio. Sulle prime disagi e paure caratterizzano gli incontri segreti del trio. Poi anche il clima che va cambiando (sono gli anni delle canzoni di Dylan, di Martin Luther King, dei Kennedy, preceduti di poco dal gesto di Rosa Parks) consente a queste persone di esperienze così diverse di incontrarsi, riconoscersi come donne e guadarsi a fondo. Quando alla fine le strade si divaricheranno di nuovo, qualcosa di veramente importante è cambiato per ognuna.

Molto curato il contesto: abiti, interni, abitudini sono perfetti. Per finire, un cenno sulla piccola parte di Sissy Spacek, forte della scuola di Altman, che disegna una vecchia madre spesso ubriaca ma non per questo meno lucida e convincente. Pur se limitata, la sua interpretazione gareggia alla pari con le protagoniste. Olga di Comite
VOTO:

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